Successioni per causa di morte: quando sono consentiti i patti successori?

A pena di nullità sono vietati i patti attraverso i quali taluno dispone della propria successione, potendo la devoluzione avvenire, come abbiamo visto, o per legge o per testamento; parimenti, è vietato ogni atto con cui taluno dispone dei diritti che gli potranno spettare su una successione o vi rinunzia, quando la successione ancora non sia aperta. Le ragioni di tale norma imperativa sono quelle di preservare l’assoluta libertà testamentaria, permettendosi la revoca degli atti di ultima volontà sino al momento dell’ineludibile trapasso, nonché di impedire il desiderio della morte del futuro de cuius (votum captandae mortis).

Ma come possono essere i patti successori?

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  • Istitutivi: hanno ad oggetto una vera e propria istituzione di erede, che è però effettuata mediante contratto e non mediante testamento; ad esempio, Tizio conclude un contratto con Caio mediante il quale si conviene che questi, alla morte di Tizio, ne diverrà erede; parimenti, sono vietati i patti successori obbligatori, con cui taluno si obbliga a disporre della propria successione, dei diritti ad essa correlati o dei diritti a lui spettanti in ipotesi su successioni non ancora aperte, anche obbligandosi a rinunziarvi;
  • dispositivi: hanno ad oggetto l’immediata costituzione o trasmissione di diritti relativi alla successione di una persona che, al momento della redazione contratto, è ancora vivente; qui viene in rilievo il divieto dell’immorale votum captandae mortis a cui poco prima si accennava;
  • rinunziativi: anch’essi sono nulli; con tali contratti taluno rinunzia a dei diritti che gli potranno derivare da una successione non ancora aperta; parimenti, non si può rinunziare all’azione di riduzione finché il donante è in vita ( art. 557, II comma c.c.).

In definitiva, sono nulli quei negozi ove la morte è la causa di attribuzione e la stessa ancora non sia avvenuta; ad esempio, viene ritenuta nulla la cd. donazione a causa di morte, condizionata sospensivamente alla premorienza del donante ma revocabile qualora la premorienza non avvenga; mentre le cd. donazioni cum moriar (termine iniziale dalla morte del donante) o si moriar (condizionata alla morte del donante) o si premoriar (condizionata alla premorienza del donante) sono ritenute valide da un orientamento della giurisprudenza (Cass. 2619/1976), in quanto donazioni ove il donatario acquista immediatamente, sia pur sotto condizione sospensiva, godendo di un’aspettativa legalmente tutelata e potendo compiere atti conservativi (art. 1356, I comma c.c. e potendo disporre del diritto (art. 1357 c.c.): sarebbero quindi atti inter vivos e non mortis causa; tale orientamento non è pero’ pacifico (vd. Cass. 976/1950; Cass. 4053/1987).

Il mandato post mortem, invece, attiene al compimento di atti giuridici per conto del de cuius, quali possono essere le disposizioni relative al funerale; è ritenuto valido, in quanto non vengano disposti od attribuiti diritti patrimoniali.

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