La successione testamentaria

Esistono due tipi di successione: quella legittima, o intestata, vale a dire senza testamento; e quella testamentaria, o testata, cioè con testamento.

La successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto e non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto od in parte, quella testamentaria.

Se esiste un testamento ed esso viene pubblicato, secondo quanto previsto dalle norme che regolano gli adempimenti appannaggio del Notaio, si apre la successione testamentaria.

Il testamento è dunque un atto unilaterale con cui colui il quale lo redige esprime le proprie volontà circa il trasferimento dei suoi beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

In linea generale, in caso di più testamenti si ha riguardo all’ultimo dal punto di vista cronologico.

È opportuno che il testatore, quando intenda redigere un nuovo testamento con disposizioni diverse rispetto al precedente, lo revochi espressamente; nel caso in cui la revoca espressa manchi, si avrà revoca tacita delle disposizioni contenute nel testamento anteriore incompatibili con quelle disposte nel posteriore.

È necessario, affinché il testamento sia valido, che il testatore sia maggiorenne, non interdetto e in ogni caso capace di intendere e di volere. L’inabilitato, pertanto, può testare, ed anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, qualora il Giudice non abbia diversamente disposto nel decreto di apertura dell’amministrazione stessa.

Il testamento è, solitamente, un atto di natura patrimoniale ma può anche contenere disposizioni inerenti il riconoscimento di un figlio o, ancora, espressioni di natura morale o religiosa.

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Si avrà istituzione di erede quando la successione riguarderà l’intera posizione, attiva e passiva (e quindi crediti e debiti) già in capo al defunto, o una quota dell’intera situazione attiva e passiva, come ad esempio nelle seguenti disposizioni:

“Istituisco erede alla mia morte Caio”.

“Nomino erede alla mia morte Caio per ½ e Tullio per ½ ”.

Solitamente, l’istituzione di erede non è compatibile con il lascito di beni determinati, sempre che non si desuma che l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni assolva il compito, nell’intenzione del testatore, di assegnare quei beni come quota del patrimonio (art. 588, II comma c.c.), come ad esempio ad esempio nell’istituzione “Lascio a Terenzio tutte le mie autovetture d’epoca e a Plauto tutti i mie restanti beni”; in tale caso, infatti, ancorché vi sia un’indicazione di beni determinati, il nostro de cuius ha disposto dell’intero suo patrimonio ed ha, quindi, istituito Terenzio e Plauto come eredi pro quota.

L’attribuzione di legato, invece, consente che attrvaerso il testamento sia dato al beneficiario un bene determinato.

Ad esempio, “Lego a Cornelia la mia casa sulla cima del Vesuvio” (forse il de cuius non voleva poi tanto bene a Cornelia) o “Lego a Claretta € 1.000.000,00”.

Il legatario non risponde dei debiti, a differenza dell’erede, salvo ai creditori l’esercizio dell’azione ipotecaria sul fondo legato (in tal caso con diritto di regresso del legatario contro gli eredi) ed il fuggevole e repentino esercizio del diritto di separazione.

Il legato non necessita di accettazione ma può essere rinunziato.

Il legato può anche essere attribuito in sostituzione di legittima; in tal caso, il beneficiario potrà rinunciare al legato e chiedere la legittima, divenendo erede; se vorrà invece tenersi il legato ed esso vale meno della legittima, perderà il diritto al supplemento di valore, salvo che il testatore non avesse diversamente disposto, e non acquisterà la qualità di erede.

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