È necessaria la specifica domanda di accertamento dell’inefficacia dell’atto di rinunzia dell’eredità?

La rinuncia all’eredità, posta in essere dopo la scadenza del termine di cui all’art. 485 c.c. dal chiamato all’eredità che si trovi nel possesso dei beni ereditari, non è in alcun caso configurabile come rinuncia ad effetti traslativi, atteso che alla scadenza del termine per l’effettuazione dell’inventario il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice, con la conseguente inefficacia della rinuncia. Pertanto, nel giudizio promosso o proseguito nei confronti dell’erede del de cuius debitore, in possesso dei beni ereditari, che abbia eccepito l’avvenuta rinuncia all’eredità, il creditore non deve proporre alcuna domanda volta all’accertamento dell’inefficacia di detta rinuncia (Cass. 6275/17).

 Il caso concerneva la seguente vicenda: Tizia (fideiubente) si opponeva al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, su ricorso della Banca di Roma, per il pagamento di 405.922,10 Euro, dinanzi al Tribunale di Roma. Quest’ultimo, decidendo sull’opposizione, revocava integralmente il decreto ingiuntivo e condannava l’istituto di credito al pagamento delle spese di lite. La banca impugnava la sentenza chiedendo la condanna di Tizia al pagamento del saldo passivo del conto corrente. In seguito, veniva dichiarato il decesso della sig. Tizia. Il processo veniva così interrotto. Unicredit spa, quale società incorporante Capitalia spa, già Banca di Roma spa, proponeva ricorso e il processo veniva così riassunto nei confronti di Caia, la figlia di Tizia, per aver omesso, in quanto chiamata all’eredità nel possesso dei beni ereditari, di effettuare l’inventario dei beni nei termini previsti dall’art.485 c.c. Caia, costituendosi, opponeva il proprio difetto di legittimazione passiva, dal momento che aveva rinunziato all’eredità della madre, con atto notarile. La Corte d’Appello rigettava l’appello dell’istituto di credito, sostenendo che quest’ultimo avrebbe dovuto eccepire in giudizio l’inefficacia dell’atto di rinunzia e proporre specifica domanda di accertamento dell’inefficacia della rinunzia stessa, non potendo la Corte rilevarla d’ufficio. Non poteva quindi ritenersi accertata la qualità di erede di Caia e dunque la posizione di debito di quest’ultima nei confronti della Banca di Roma. Unicredit spa proponeva ricorso presso la Suprema Corte.

La Corte di Cassazione, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, riteneva che in una controversia promossa allo scopo di far valere un diritto di credito nei confronti del debitore del de cuius, la sussistenza o meno della qualità di erede del debitore rientrasse tra le questioni oggetto di accertamento incidentale e non configurasse causa pregiudiziale, da definire con autorità di giudicato, nel caso in cui una domanda relativa al conseguimento di tale pronuncia non fosse stata formulata (Cass. 3288/1987).

Infatti, la Corte affermava che non fosse necessario proporre domanda specifica per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto di rinunzia, dal momento che la rinunzia all’eredità presentata con atto pubblico decorsi i termini previsti dall’art. 485 c.c. non costituisce rinunzia ad effetti traslativi e alla scadenza del termine per effettuare l’inventario, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice, con conseguente inefficacia della rinunzia (Cass. 25728/2007).

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A tal proposito, l’art. 485 c.c. dispone che il chiamato all’eredità sia tenuto a procedere all’inventario dei beni ereditari entro il termine di 3 mesi dal giorno dell’apertura della successione o da quello in cui si è avuta notizia della devoluta eredità. Scaduto il termine per redigere l’inventario, il chiamato è considerato erede puro e semplice.

Se invece è stato prima compiuto l’inventario, la legge prevede un termine di 40 giorni a disposizione del chiamato, che ancora non ha fatto la dichiarazione, per deliberare se intenda accettare o rinunziare all’eredità. Trascorso tale termine, quest’ultimo è considerato erede puro e semplice.

In conclusione, si deduce che sia sufficiente per l’istituto di credito fornire la prova della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 485 c.c. ai fini di dimostrare l’inefficacia dell’atto di rinunzia, senza necessità sia di una specifica domanda diretta a tale fine nei confronti dell’erede Caia sia di un accertamento della sua qualità di erede.

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